I simboli nella morte di Ippolito

 

La colpa

La storia è nota: il giovane Ippolito, figlio di Teseo, orgoglioso della propria verginità, scelse di vivere casto e di dedicarsi esclusivamente al culto di Artemide ed alla caccia.

Questa sua scelta offese Afrodite che decise di punirlo facendo sì che la sua matrigna, Fedra, s'innamorasse di lui e che, dopo il suo rifiuto, si suicidasse lasciando al marito un biglietto dove lo accusava di averla violentata.

Per questa accusa e per il dolore del padre, decimo mitologico re di Atene, per la perdita di Fedra, Ippolito fu esiliato dalla città e mentre conduceva il suo carro per andarsene, l'arrivo di un grosso toro fece spaventare i suoi cavalli che, imbizzarriti, lo fecero cadere a terra e lo trascinarono facendolo sbattere contro le rocce.

Agonizzante, Ippolito fu allora condotto a Trezene, antica città greca dell'Argolide orientale.

Allora Artemide, la dea cui Ippolito era devoto, rivelò a Teseo la verità circa l'inganno di Fedra, Teseo raggiunse il figlio e si riappacificò con lui prima che questi spirasse.

Ippolito è simbolo dell'innocente che viene ingiustamente accusato e che, pur integro e irreprensibile, diviene vittima di quanti non accettano che faccia le sue scelte, inusuali, ma non per questo ignobili.

Il dipinto è allegoria del castigo che si abbatte su quanti non si piegano alle aspettative della società, degli altri, siano essi dei o umani, istituzioni o propri simili.

Joseph Desire Court (1797 – 1865), La Mort D'hippolyte, 1828

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