I significati nascosti nei simboli del "Ritratto dei coniugi Arnolfini" di Jan van Eyck
Esistono dipinti che portano in sé un'aura di mistero e la cui simbologia risulta enigmatica, in quanto non si conoscono con esattezza i motivi della committenza e il vissuto che ha determinato l'opera.
Uno di questi casi è senza dubbio quello del Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck, realizzato nel 1434 e conservato nella National Gallery di Londra.
La prima descrizione nota del dipinto, ritrovata nell'inventario del 15 luglio 1516 della raccolta di Margherita d'Austria, che ne era in quel periodo in possesso, lo cataloga come "un grande quadro che chiamano Hernoul- le- Fin con la moglie dentro una camera da letto".
Solo nel 1857 due storici dell’arte, Joseph Archer Crowe e Giovanni Battista Cavalcaselle, sulla base dell’assonanza tra Hernoul-le-Fin e Arnolfini, individuarono il soggetto del quadro con un membro della famiglia italiana.
Gli Arnolfini erano una ricca famiglia di mercanti di Lucca trasferitisi a Bruges, nelle Fiandre, in Belgio, dove vissero dal 1420 al 1472.
Il mistero dell'opera nasce nell'individuazione della giovane che sta accanto al ricco mercante Giovanni Arnolfini.
Alcuni commentatori affermano che si tratti di Costanza Trenta, prima moglie, altri che sia in realtà la seconda sposa, ovvero Giovanna Cenami.
Costanza Trenta, però, nel 1434, anno di realizzazione dell'opera, era già morta e sepolta e Giovanna Cenami divenne moglie di Arnolfini solo nel 1447, sei anni dopo la morte di van Eyck.
Secondo alcuni studiosi, tra cui Margaret Koster, il dipinto è in realtà un'opera commemorativa da parte del devoto e affranto marito, alla sua prima, sfortunata sposa, un anno dopo la sua morte.
Partendo da questo assunto, dopo un'attenta analisi dell'opera e della vicenda, siamo giunti alle medesime conclusioni, suffragate dalla simbologia presente.
Il dipinto, originariamente, aveva due sportelli che si richiudevano, facendo immaginare una immagine destinata a uso privato del marito, che la apriva e la contemplava, nei momenti di maggiore nostalgia della defunta sposa.
Probabilmente l'artista fece un rapido schizzo della coppia quando la donna era ancora in vita, ma poi, quando ella morì, realizzò il dipinto definitivo, ma stavolta con una precisa simbologia.
La particolare firma dell'artista («Jan van Eyck fu qui») pare intenda indicare come il ritratto venne preso dal vero, essendo ancora viva la donna.
Appaiono le icone di Giovanni Arnolfini e Costanza Trenta, con cui fu sposato dal 1426 fino alla morte di lei, nel 1433.
L'opera è nota in quanto si tratta di uno dei più antichi esempi di pittura che ha come soggetto due individui in un ritratto privato e non una scena sacra.
La scena è ambientata in una elegante camera con un letto matrimoniale e numerosi oggetti, piccoli tesori costosissimi ed è organizzata in modo dicotomico, con le alternanza uomo/donna, ma anche, simbolicamente vita e morte.
L'uomo con la mano sinistra tiene la mano della donna, simboleggiando con questo atto il legame matrimoniale che li unisce.
Evoca infatti la cerimonia romana, chiamata dextrarum iunctio, in cui il marito teneva nella sua mano la mano della moglie. Si trattava del matrimonio "cum manu" in cui la donna che lo contraeva usciva dalla famiglia d’origine ed entrava in una famiglia nuova. Il maritus acquistava una particolare potestà sulla moglie, detta manus maritàlis, che si concretizzava nella cura di lei e nella responsabilità delle azioni da lei compiute.
Dietro alle mani unite dei protagonisti appare però un inquietante piccolo mostro ghignante, che simboleggia un male che incombe sulle nozze.
I due sposi sono contornati da oggetti costosissimi, a partire dalle finestre lavorate in vetro, un bene inaccessibile ai più, a quel tempo.
Indossano abiti sontuosi e foderati di pelliccia, chiaramente invernali, mentre, osservando fuori dalla finestra si scorge con evidenza un ramo di ciliegio in fiore, indice della stagione primaverile avanzata.
Gli abiti, quindi, più che a proteggere dal freddo, simboleggiano la estrema ricchezza raggiunta dal mercante di tessuti e probabilmente sono le icone delle stoffe pregiate più belle e raffinate che la famiglia commerciasse. Non bisogna dimenticare che Giovanni Arnolfini ebbe relazioni commerciali con lo stesso duca Filippo il Buono finché, nel 1461, non ne divenne consigliere personale e fu ammesso a frequentare da pari a pari la nobiltà di corte. Fu qui che conobbe l'artista.
Le vesti del marito sono scure, serie, funeree addirittura, nella loro severità, a differenza di quelle di lei, la più esterna verde, simbolo di speranza, ma anche di fertilità, e quella interna azzurra, simbolo di vita ultraterrena, di Cielo. Il tipo di vestito le rende la pancia gonfia, e la sua posizione, con la mano sul ventre, è un gesto rituale beneaugurante, una promessa di fertilità evidenziata tramite la cintura particolarmente alta, la piega del tessuto e la curvatura del corpo.
Il ciliegio è uno degli elementi che suggeriscono l'ipotesi che il dipinto sia commemorativo, essendo il frutto della ciliegia simbolo delle dolcezze del Paradiso.
Dalla parte del marito, in alto, una candela solitaria brucia su un maestoso lampadario. Dalla parte della moglie non ve ne è alcuna. La candela che arde è simbolo della vita, accesa, presente.
Nella testiera del letto vi è intagliata l'icona di una donna, che ha ai piedi un drago. Potrebbe essere santa Margherita, patrona delle partorienti, il cui attributo è il appunto il drago.
Un rosario è appeso in fondo alla stanza. Il vetro è simbolo di purezza, mentre il rosario di devozione.
La verga appesa a destra è un simbolo di fecondità, che si rifaceva al rito romano dei Lupercali, durante i quali uomini vestiti di pelli di lupo, con fruste di pelle battevano le donne che desiderano una gravidanza.
Gli zoccoli abbandonati sul pavimento, implicano il fatto che i coniugi siano scalzi. Tale atteggiamento simboleggia il rispetto verso la sacralità del suolo della casa, simbolo a sua volta dell'unione coniugale, luogo sacro come quello su cui Mosé poggiava i piedi quando Dio gli parlò dal roveto ardente
«Togliti i sandali dai piedi, poiché il luogo sul quale tu stai è una terra santa»
(Esodo III, 5).
Inoltre, quelli della sposa, rossi, stanno vicino al letto, simbolo della casa, della famiglia, quelli del marito sono a sinistra, più prossimi al mondo esterno.
Un'arancia si vede appoggiata sul davanzale e altre tre su un ripiano sottostante. Tali frutti erano un lusso nel nord dell'Europa e sono un altro indice della ricchezza e del benessere goduti dagli sposi. Qui alludono inoltre alla salvezza dal Peccato originale che segue alla Passione di Cristo, in particolare nei dipinti fiamminghi; infatti la parola olandese che indica l’arancia, è sinaasappel, la cui traduzione è “mela cinese”, con riferimento alla mela del giardino dell'Eden. Ancora un augurio di salvezza eterna per un'anima ormai andata nell'aldilà.
Il cane è simbolo di fedeltà coniugale.
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